IN CAMMINO CON LA PAROLA DI DIO - DOMENICA SECONDA DI PASQUA - Don Francesco Pilloni

Domenica seconda di Pasqua – Don Francesco Pilloni

La Pasqua è innanzitutto la pasqua di Cristo. Egli torna al Padre con tutta la sua umanità, secondo il disegno da sempre della Sapienza divina. Per questo la Pasqua inaugura la nostra pasqua, perché ora nel Cristo Risorto possiamo tornare al Padre. La Pasqua è il giorno UNO, non solo primo: è IL giorno della dimensione di Dio. La Chiesa ha questa consapevolezza, quando chiama lo scorrere delle domeniche e dei giorni pasquali come tempi “di Pasqua” e non “dopo” Pasqua. La Parola di Dio ci aiuta a camminare questo tempo come l’entrare nostro nella pasqua di Cristo. Così all’ottava di Pasqua, che è la prima settimana, segue la seconda settimana di Pasqua.

La domenica dell’ottava, detta di Tommaso, è ancora tutta colma della notte pasquale. Il riferimento ai catecumeni sta già nell’antifona di ingresso: “ Come bambini appena nati bramate il puro latte spirituale, che vi faccia crescere verso la salvezza ( 1Pt 2,2 ). Questo alimento interiore donato alla nostra piccolezza è lo Spirito Santo, che nutre ognuno di noi della persona di Cristo. E’ anche l’Eucarestia, che nel Corpo e Sangue del Signore pone in noi la Vita, quella con la V maiuscola. E’ ancora la Parola di Dio, nutrimento dell’animo. La vita cristiana è mistica perché si nutre dei divini misteri, di Cristo. E se non è mistica, non è autenticamente cristiana. E sia chiaro che mistica esprime l’esperienza interiore del mistero del padre in Cristo e nello Spirito, nello spessore della nostra vita di ogni giorno, e non consiste in cose strane e particolari. Per questo l’orazione di inizio ( colletta ) fa riferimento al “battesimo che ci ha purificati, allo Spirito che ci ha rigenerati, al sangue che ci ha redenti”.

Il Vangelo poi ( Gv 20, 19-31 ) narra l’incontro di Tommaso con Gesù risorto. E’ l’invito a passare da “incredulo” a “credente”. Tommaso ha visto, ma non ha creduto, perché vuole una risurrezione a dimensione sua, tutta umana. Non è l’unico: anche gli apostoli hanno visto, prima i segni, poi Gesù stesso, e non hanno subito “creduto”. Anche la Maddalena ha fatto la stessa esperienza: ha visto Gesù dinanzi a sé e non lo ha ri-conosciuto, conosciuto cioè secondo la sua vera dimensione di risorto. La fede non si apre quando “vediamo” Gesù. Ci apparisse anche oggi, saremmo convinti? Non è questo che genera la fede. Questa è frutto di un’opera interiore dello Spirito, che ci apre ad accogliere la autentica dimensione di Gesù, risorto con la pienezza della sua autentica umanità, nel suo “vero corpo” come dice la liturgia, nella pienezza di vita divina. L’accoglienza di questo mistero chiede un atto docile del cuore, che ne accoglie la generazione in sé stesso. Allora, quando nasce qualcosa di personale ( l’essere chiamati per nome come la Maddalena; l’essere invitati a toccare il costato di Cristo come Tommaso ) allora nasce la fede: una comunione di vita, una relazione che mi pone nelle relazioni del Padre, del Figlio e dello Spirito, tramite questa unica e speciale comunione con Cristo risorto. Questa è la fede, questo è il battesimo: una intensa e indissolubile comunione di vita, posta da Dio e accolta da ognuno di noi. La fede è nuziale: incontro di amore con il Risorto. Ma il Signore non ci coinvolge in un incontro intimistico. Proprio perché questo incontro è vita degli uomini, ci coinvolge nella crescita di questa famiglia, che lo Spirito tesse tra coloro che fanno esperienza di Cristo: “a chi perdonerete i peccati…”. A parte la missione specifica apostolica, l’invito è esteso a tutti, alla Chiesa, alla Famiglia di Dio, al Corpo vivente di Cristo risorto nella storia. A tutti noi, in diverse modalità. E per questo è detto: “ricevete lo Spirito Santo”. E’ detto con il gesto di soffiare, alitare. Gesto che crea un nuovo Adam, uomini e donne nuovi. Gesù risorto sembra fare più invii che riunioni con i discepoli e dobbiamo imparare anche noi. La fede si alimenta comunicandola, ricorda spesso Papa Francesco.

Non è quindi senza significato che la seconda lettura inizi la lettura dell’Apocalisse, che la Pasqua di Cristo inaugura, perché in essa vive quel compimento verso cui gli uomini e la storia camminano, tra rivelazione e lotta. E’ un linguaggio diverso, che esprime l’esperienza nuova che san Giovanni ha del Cristo risorto. Ci dice che chi vede e chi ascolta è un inviato: “Scrivi”. Con il battesimo siamo tutti coinvolti – ognuno nel suo dono e modo – nell’essere profeti di Cristo, che è “il Primo e l’Ultimo e il Vivente”. Abbiamo troppa cristianità colma di Cristo che perdona i peccati nella croce, ma che lascia la vita com’è, senza novità. Una trasformazione missionaria è frutto di una esperienza pasquale. Riflettiamo sulla nostra identità di Famiglia spirituale, ognuno nel suo stato e tutti insieme come Famiglia. Se la nostra non cambia e se non vi è vita di annuncio che partecipa nella comunione e nell’amore quanto viviamo di Cristo dentro di noi, forse dobbiamo rivedere qualcosa. Per questo la prima lettura degli Atti degli Apostoli ci ricorda che la comunità delle origini era viva, donava vita. per questo era cercata, offriva qualcosa di grande e vivo, una possibilità in più all’umanità ammalata. La presenza di Cristo, custodita in una comunione unita e forte che esprimeva la vita del Padre, del Figlio e dello Spirito, si arricchiva per questo incessantemente. La nostra fede è ecclesiale, comunionale. Per vivere una autentica secolarità, come presenza di Cristo che santifica il mondo, siamo costitutiti come comunione, come Chiesa, a immagine della Trinità. Nessuna solitudine è salvifica: Gesù vive nella Chiesa e, in essa, in ciascuno di noi. Le riscoperte che stiamo facendo come Famiglia spirituale, ci aprono a questa dimensione grande.